| 1 Settembre 2012 |
Il ministro «L`ho incontrato poco prima dell`estate, neanche la malattia l`aveva piegato su se stesso» |
Riccardi: Il cardinal Martini. Un grande italiano curioso del mondo |
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ROMA - «La prima cosa da dire è che è stato un grande maestro spirituale del nostro tempo». Padre Lombardi ne ha parlato come di un «Padre della Chiesa»... «Sì, è una bella espressione. Ma io aggiungerei maestro spirituale perché ha saputo, per così dire, mettere a tema la spiritualità anche fuori del mondo cattolico, ai credenti in altre religioni, ai non credenti, ai laici...».
Andrea Riccardi, storico della Chiesa e fondatore della comunità di Sant`Egidio prima che ministro, inquadra la figura del cardinale Martini - «un grande italiano che ha aperto la mente del nostro Paese a dimensioni più larghe, l`amico che ho veduto prima dell`estate ancora curioso del mondo, non piegato su se stesso neppure per la malattia» - a partire dall`«impatto» stupefacente che «questo grande personaggio della spiritualità e della cultura italiana ha avuto a livello internazionale: per molti anni è stato l`autore italiano più letto in Europa».
Si definì ironicamente un «antepapa», nel senso di «precursore». «Un modo di confutare l`immagine, errata, di "antipapa". Perché il cardinale Martini era anzitutto il gesuita obbediente, il vescovo fedele che Giovanni Paolo II, con una scelta personalissima, volle mandare a Milano. Lo conobbi qualche tempo prima, il grande biblista e rettore della Gregoriana, l`uomo della parola di Dio, discreto
e con pochi contatti con l`attualità. Era l`uomo che dopo il Concilio si interessava ai luoghi dove si viveva autenticamente il Vangelo».
Spesso lo si interpretava in opposizione a Wojtyla e Ratzinger. È d`accordo?
«Non si può parlare di opposizione ma di sensibilità talvolta diversa, con Wojtyla anche riguardo alla politica italiana. Avevano in comune una certa timidezza...».
Pure Giovanni Paolo II timido?
«Sì, un uomo estroverso ma in fondo segnato dalla timidezza e dal timore di ferire gli altri... E anche rispetto a Benedetto XVI mi risulta ci fosse una profonda stima reciproca. Certo, specie rispetto al pontificato di Wojtyla, del quale peraltro è stato un figlio, mi viene in mente ciò che lo stesso Martini aveva detto di Giuseppe Lazzati».
E cioè?
«Quando ne celebrò i funerali, Martini osservò: gli ultimi anni di Lazzati erano stati segnati da una certa tristezza. Ecco, penso che Martini abbia avuto una grande speranza ma anche una certa tristezza rispetto a una vita della Chiesa che forse avrebbe diretto in un altro modo».
Gian Guido Vecchi
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