Una giornata in visita al villaggio costruito dalla Comunità
nel quartiere di Chimundo, a Chibuto, dopo l'alluvione del 2000.
Chibuto sorge a 150 chilometri a nord della capitale Maputo, nella Provincia di Gaza.
E' una delle zone colpite dall'alluvione del 2000.
Lì la Comunità ha costruito un villaggio di 70 case, con una scuola, un posto di salute, alcuni pozzi. Le case sono state consegnate circa un anno fa.
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Lasciandosi alle spalle la capitale, con le sue grandi povertà, ma anche con i suoi grattacieli, ci si inoltra in un Mozambico molto diverso, rurale, dove vive più dell'80% della popolazione. Case di canne sparpagliate su vaste distese, capanne di terra isolate e alcuni piccoli villaggi adagiati in prossimità dell'unica strada asfaltata che attraversa e collega il paese dal sud al nord.
Quando ci si avvicina a Xai-Xai, il capoluogo della provincia di Gaza, si notano ancora le conseguenze delle alluvioni degli anni precedenti: strade interrotte, resti di case abbandonate, capanne ridotte a cumuli di terra, terreni nei quali l'acqua - ad un anno di distanza - non si è ancora riassorbita.
Ma, attraversando le campagne del Mozambico, colpisce anche un'altra cosa: si vedono donne che lavorano nei campi con i figli sulle spalle; donne che camminano con in testa grandi rami di alberi per fare il fuoco; donne che trasportano acqua. Le donne appaiono le protagoniste della vita mozambicana e della ricostruzione del paese.
All'entrata del quartiere di Chimundo - conosciuto ormai come il "villaggio Sant'Egidio" - si nota subito qualcosa di familiare: è la grande colomba della pace con l'arcobaleno, sul muro esterno dell'edificio destinato ad essere la scuola del quartiere. Il capo villaggio ci attende, fiero di mostrarci le nuove case. Finalmente, dopo tante capanne di terra, ecco delle vere case in muratura, belle e colorate, ed accanto i bagni, un bene raro da queste parti.
I bambini, intanto, - sono più di trecento - ci stanno aspettando nella scuola primaria, distante circa un chilometro dal villaggio. Ognuno di loro, anche il più piccolo, ha in mano una zappa o un altro strumento, perché a scuola questo giorno è dedicato alle attività manuali, la principale delle quali è la costruzione di latrine. Stanno tutti in silenzio, immobili, seduti per terra, aspettando di sapere quale sarà l'attività di oggi. Lo stupore è enorme quando si accorgono che oggi non si lavora ma …..c'è una festa, la festa della Scuola della Pace! Si canta, si balla, è festa per tutti, anche per i maestri e per il preside. Alla fine la grande sorpresa: quaderni e penne per tutti. Veramente è un sabato diverso.
E' già pomeriggio quando allestiamo il nostro "ambulatorio mobile" tra le case del villaggio. E' molto tempo che queste donne e i loro figli non incontrano un medico. All'inizio c'è qualche timore ad avvicinarsi. Ma poi, cominciando a leggere insieme "Como vai a saùde?", il libro di educazione sanitaria, il timore si scioglie. Poco a poco l'ambulatorio si affolla, arrivano anche dai villaggi vicini. I bambini sono spesso affetti da malattie legate alle precarie condizioni di vita, molti presentano i sintomi della malaria, hanno infezioni intestinali o alle vie respiratorie, a causa del freddo invernale. Riusciamo a visitare tutti. Chi ne ha bisogno torna a casa con le medicine necessarie.
E' un regalo prezioso. Commenta una giovane donna: "Con queste case abbiamo ricostruito il nostro passato. Oggi pensate ai nostri figli, con i quali costruiremo il nostro futuro".
Mira Gianturco
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