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21 Agost 2014

Il califfato è un pericolo: la politica faccia di più

L`integralismo islamico schiaccia le minoranze: serve intervenire

 
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Mi ha colpito il messaggio di papa Francesco al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, per il tono accorato e drammatico con cui gli si rivolge: “metto davanti a lei le lacrime, le sofferenze e le grida accorate di disperazione dei cristiani e di altre minoranze religiose dell’amata terra dell’Iraq”. E’ un richiamo alla responsabilità della comunità internazionale. La vicenda dolorosa dell’Iraq rischiava di scivolare nella distrazione generale.

Come davanti a tante tragedie, di cui vediamo le immagini ci si chiede: che si può fare? Niente! Allora si sposta la propria attenzione ad altro. Del resto –si dice- siamo in crisi economica e abbiamo i nostri problemi! Ma quel che accade in Iraq è grave e disumano: i cristiani sono scacciati da una terra, che è la loro da quasi duemila anni. Quale la colpa? Solo essere cristiani e non piegarsi all’islam totalitario del cosiddetto califfato, che annienta chi non professa la propria forma di islam. La conversione all’islam è la sola via offerta alle minoranze per restare nella loro terra di sempre.

Mi sembra di rivedere le scene dei massacri degli armeni e dei cristiani nell’impero ottomano, nel 1915, di cui stiamo per ricordare i cento anni. Anche altri musulmani (come gli sciiti) fuggono perseguitati dal califfato. Gli yazidi, una minoranza chiamata sprezzantemente gli “adoratori del diavolo”, vengono duramente colpiti. Le loro donne rapite e utilizzate dai guerriglieri del califfato. E’ veramente troppo!Nel nostro mondo distratto, molti hanno partecipato a questo dolore, anche grazie alle parole di Francesco che ci stanno rendendo migliori. C’è stata solidarietà con i profughi, rifugiati in Kurdistan. Gli Stati Uniti e vari paesi europei hanno reagito. Da parte dell’Italia, che ha in questi mesi la presidenza europea, c’è da aspettarsi maggiore incisività. Non è facile intervenire. Ci sono da capire i contorni e da tagliare le connessioni internazionali del “mondo” del califfato. Questo controlla un’area che va dalla Siria fino all’Iraq. Non mi stancherò di ricordare Aleppo, la città siriana che rischia di diventare una nuova Mosul, dominata dagli islamisti! Si debbono proteggere gli iracheni perseguitati. L’Iraq non ha retto a una forza che incute terrore con una pratica della violenza che sembra considerata eccessiva dalla stessa Al Qaeda. Da qui il mito “terrificante” di un’organizzazione imbattibile ed efferata… Ma si può reagire!

Intanto proteggere le minoranze perseguitate. In una prospettiva di più lungo periodo, l’Iraq deve riprendere forza e costituire un’alternativa al califfato. Ma c’è bisogno di una maggiore coesione della comunità internazionale. Questa crisi fa riflettere su come il mondo sia impreparato alle grandi sfide. Se penso che, in questi giorni, Ucraina e Russia (due paesi che storicamente e religiosamente hanno attinto alle stesse fonti) rischiano la guerra! Se non si ricostruiscono l’intesa, il dialogo e la capacità di gestire insieme le crisi, i fantasmi del califfato diverranno realtà della nostra storia!


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