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8 Agosto 2014

La bandiera nera del Califfato si innalza sulle chiese e abbatte croci e santuari popolari. La fine di un mondo millenario, dove vivevano le più diverse minoranze, cristiane e non, è purtroppo arrivata.

Se i fanatici spazzano via l'intreccio di religioni

Le minoranze sono colpite da un cupo totalitarismo Con esse sparisce la storia e la bellezza di queste terre

 
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La fine di un mondo millenario purtroppo è arrivata. La gente della Piana di Ninive ripiega in condizioni drammatiche verso il Kurdistan per fuggire gli armatissimi miliziani del cosiddetto Califfato, vincitori anche sui coraggiosi combattenti curdi. Nel fiume di folla in fuga ci sono tanti cristiani (gli ultimi), alcuni già rifugiati da Mosul. Speravano in una protezione, ma tutto crolla. Con i cristiani fuggono anche tanti musulmani: temono la persecuzione islamista, in quanto considerati dai vincitori come eretici (sono sciiti, sufi o altro). Chiunque è diverso rischia con un potere che innalza la bandiera nera sulle chiese e abbatte croci e santuari popolari. Ma questa era una terra dove vivevano le più diverse minoranze cristiane e non. Un mondo antico che andava dalla parte sud della Turchia alla Siria, all'Iraq, dalla storia stratificata e dalle religioni intrecciate. Nei secoli si adattava alle difficoltà, magari rifugiandosi nelle montagne. Come gli yazidi (che ì musulmani chiamano sprezzantemente «adoratori del diavolo»), sterminati a fine Ottocento dagli ottomani, ma che coraggiosamente, nel 1915, nascosero nelle loro montagne i cristiani, a loro volta vittime di un'azione genocidaria. Combatterono per difenderli, ben presto dimenticati da tutti. Ora tutte le minoranze sono spazzate via e, con esse, la storia e la bellezza di queste terre, per realizzare un cupo totalitarismo, frutto di arroganza fanatica e di odio/paura dell'altro.

Era una storia quasi scritta. Come temo che sia quasi scritta quella di Aleppo, assediata e bombardata, a rischio di abbandono, attorno a cui andrebbe creata un'area dove non si combatte. Sta avvenendo un terremoto storico. Che si può fare di fronte a questo? E' mancato da parte di tutti un pensiero su quello che stava per accadere. Ora il primo imperativo è salvare le vite umane dei profughi con un impegno internazionale coordinato. Non è l'ora dei riti o delle accuse, ma di un'azione rapida e incisiva. Poi segue la questione di dove vivrà questa gente strappata alle loro case in un Iraq ormai fuori controllo. Infine c'è la vicenda della Siria e di Aleppo. Tre problemi connessi che richiedono una concertazione in fretta tra Europa, Stati Uniti e Russia. Bisogna avere il coraggio di prendere iniziative, anche se la voragine aperta dal terremoto è enorme.


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