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29 Septiembre 2010

La testimonianza del vescovo ausiliare di Lahore sulla collaborazione fra cristiani e musulmani

In Pakistan non solo conflitti

 
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Oltre venti milioni di sfollati e almeno 5.000 morti: sono le crude cifre della drammatica realtà di un Paese in ginocchio, il Pakistan, dove le esondazioni dei fiumi per le alluvioni hanno distrutto interi villaggi. E una gara contro il tempo per salvare la vita di centinaia di migliaia di persone, quella posta in atto dai numerosi organismi di volontariato e dalla Chiesa cattolica sempre in prima linea nell'affrontare le emergenze umanitarie. «Appena avuto notizia delle conseguenze delle alluvioni — racconta a "L'Osservatore Romano" il vescovo ausiliare di Lahore, Sebastian Francis Shah — la Conferenza episcopale si è subito unita nel dolore alla popolazione e ha attivato gli interventi di soccorso». I vescovi hanno diffuso una lettera pastorale, invocando le preghiere ed esprimendo vicinanza e solidarietà. In tutte le parrocchie, inoltre, sono state organizzate delle collette per raccogliere denaro e generi di prima necessità per gli sfollati.

C'è, tuttavia, un aspetto nella tragedia umanitaria che monsignor Shah tiene a porre in risalto per ribattere ad alcuni stereotipi che, spesso, sui media contribuiscono a dipingere la società pakistana come divisa e intollerante. «Vi sono luoghi   sottolinea il presule che invece offrono storie di solidarietà reciproca tra cristiani e musulmani e che rappresentano segni di speranza per il futuro». E successo, per esempio, nell'area della città di Multan, nella regione del Punjab, dove la comunità musulmana ha accolto gruppi di cristiani sfollati da altre zone. Oppure, al contrario, è stata la comunità cristiana che, tramite le organizzazioni di volontariato, ha offerto aiuto ai musulmani, come avvenuto, per esempio, nei villaggi di Noshera e Charsadda, entrambe nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Don Paolo Cristiano, un sacerdote che ha lavorato a stretto contatto con i volontari della Comunità di Sant'Egidio, è stato un testimone diretto di queste situazioni: «Abbiamo distribuito farmaci, zanzariere che sono molto utili per proteggersi dagli insetti che portano la malaria e alimenti proteici per bambini in vari villaggi che, per la maggioranza, sono abitati da musulmani, i quali ci hanno accolti con grande calore».

Dal Pakistan prostrato per la calamità naturale emerge, dunque, uno spirito di altruismo tra le comunità religiose, che   puntualizza il vescovo ausiliare di Lahore — va oltre le incomprensioni alimentate «da quei gruppi estremisti islamici che vedono nel dialogo tra fedi e nell'emancipazione dei cristiani un ostacolo alla loro volontà di egemonia».

I musulmani in Pakistan sono il 97 per cento della popolazione. Le minoranze rappresentano il restante 3 per cento e i cattolici, in particolare. sono poco più di un milione. Monsignor Shah non manca di fare cenno alle discriminazione che la comunità cristiana è costretta a subire: dalla difficoltà di accedere all'istruzione alla mancanza di lavoro; ma osserva che la volontà di lavorare per la pace e il bene comune della nazione sovrasta ogni cosa. A tale riguardo, per rafforzare la «voce» della comunità e promuovere il dialogo, è stato istituito anche il Pakistan Christian Action Forum: si tratta di un organismo di consultazione che ha il compito di coordinare gli interventi nei vari settori della società. «Ci riuniamo periodicamente — spiega il presule —e, comunque, ogni volta che vi è necessità, per affrontare varie problematiche e richiamare le autorità civili al loro impegno di salvaguardia delle minoranze». Da superare, per esempio, è il nodo legato alla manipolazione della legge sulla blasfemia che, ricorda il vescovo, «è utilizzata dai gruppi estremisti islamici per tenere a bada i cristiani». I cristiani poi sono stati persino discriminati nel ricevere i soccorsi, dopo le alluvioni.. Monsignor Shah indica. come esempi alcuni villaggi vicino alle città di Islamabad e Karachi: «Qui   rileva — effettivamente abbiamo registrato difficoltà per gli aiuti alle minoranze». Anche il presidente della Conferenza episcopale in Pakistan, l'arcivescovo di Lahore, Lawrence John Saldanha, ha messo in luce il problema: «Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni e testimonianze dirette sulla discriminazione a danno delle minoranze: è un fatto che ci scuote e ci preoccupa».

E, ancora, come denunciano vari organismi religiosi e civili, c'è da affrontare la questione delle centinaia di migliaia di sfollati che risultano «inesistenti», in quanto non sono stati ancora censiti ufficialmente e non possono neppure beneficiare dei contributi pubblici. «Prendiamo comunque atto   conclude monsignor Shah — che su alcune questioni, come per esempio la legge sulla blasfemia, ci sono tentativi di revisione e il clima dei rapporti con le autorità è cordiale».


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