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1 Dicembre 2015

Gli ultimi incontri in terra ugandese

Desiderio di riscatto

 
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«Non dimenticate i poveri». È l'appello fatto dal Papa a tutte le parrocchie e le comunità africane: un invito a uscire nelle periferie della società e a cercare Cristo nel sofferente e in chi è nel bisogno.
Durante la visita alla Casa di carità Nalukolongo Bakateteyamba a Kampala, nel pomeriggio di sabato 28 novembre, Francesco non ha usato mezzi termini: «In quanto cristiani, non possiamo semplicemente stare a guardare. Qualcosa deve cambiare!». Così, come nel visitare uno slum di Nairobi aveva scelto una realtà che portasse avanti un tentativo di riscatto, una realtà che, pur nella tragicità delle situazioni, fosse in grado di dare un segnale positivo, con lo stesso criterio a Kampala, nello spazio della visita dedicato ai poveri e ai deboli, ha incontrato una rappresentanza delle istituzioni cattoliche che lottano contro l'esclusione, che si piegano sui malati, che accolgono lo straniero. Che vivono, cioè, giorno dopo giorno la misericordia.
In particolare, la casa della carità di Nalukolongo, fondata nel 1978 dal cardinale Emmanuel Kiwanuka Nsubuga, accoglie e cura un centinaio di poveri senza distinzione tra religione o età (il più piccolo ha undici anni, il più anziano 107). E proprio ai bambini e agli anziani, i più deboli della società, ha fatto riferimento il Pontefice nel discorso pronunciato nel cortile della casa, sotto un gazebo decorato di bianco e di giallo, con il tocco femminile delle suore del Buon samaritano che gestiscono la struttura. Sono una trentina, guidate da suor Theresa di Avila Basemera.
Il Papa appena arrivato ha pregato nella cappella intitolata ai martiri ugandesi, la cui testimonianza qui è particolarmente sentita. Dopo una sosta davanti alla tomba del cardinale Nsubuga, il Pontefice è giunto nel cortile dove è stato salutato dal vescovo Robert Muhirwa, incaricato della pastorale della salute in seno alla Conferenza episcopale ugandese. Erano presenti anche il parroco, padre Joseph Puye, e il presidente delle opere di carità, padre Francis Ndamira.
Di fronte al Papa, con gli ospiti della casa anche una folta rappresentanza di quanti vengono aiutati dalle istituzioni caritative cattoliche in Uganda. Tra questi, una trentina di malati di aids e alcuni profughi sudsudanesi che nel nord dell'Uganda hanno trovato sostegno nei volontari della comunità di 
Sant'Egidio. In particolare, ci spiega Rosa, una volontaria romana appena arrivata in Africa, la comunità ha avviato qui una "scuola della pace" proprio con i profughi e, già oggi, un migliaio di bambini possono studiare con regolarità. Tra le persone che, contrariamente a quanto si crede, negli ultimi anni in Africa vivono situazioni di gravissimo disagio ci sono gli anziani. La "civiltà" del materialismo, infatti, sta progressivamente spazzando via anche le più salde tradizioni familiari. Di fronte a tante povertà, Francesco ha ricordato a tutti: «Qui è presente Gesù!». Al termine del suo discorso, il Papa ha ricevuto in dono un quadro con il suo ritratto e, dopo aver firmato il libro degli ospiti - dove ha scritto in inglese «"Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio" (Luca 6, 20). Sappiate sempre che vi sono vicino spiritualmente» - ha visitato la casa per incontrare in privato alcuni malati più gravi. È entrato in una decina di stanze singole e li ha baciati uno per uno.
Congedatosi dalle suore del Buon samaritano, il Papa ha raggiunto l'arcivescovado. Migliaia di fedeli erano assiepati ai margini delle strade, arrampicati su qualsiasi appoggio possibile, affacciati da edifici in costruzione. Nella residenza dell'arcivescovo di Kampala, il Pontefice ha incontrato in privato presuli
ugandesi, guidati dal presidente, l'arcivescovo di Gulu, John Baptist Odema. Ormai la maggior parte dell'episcopato è autoctona. Prima di dirigersi nell'adiacente cattedrale per l'appuntamento con il clero, i religiosi e i seminaristi, Francesco ha incontrato in privato anche il re dell'Uganda, Ronald Muwenda Mutebi.
Particolarmente toccante il successivo appuntamento in cattedrale. Ad attendere il Papa nella chiesa intitolata al Sacro Cuore di Gesù c'erano circa milleduecento persone, tra preti, suore, consacrati e alunni dei seminari. All'esterno una grande folla e tanti bambini che, insieme al rettore, l'hanno accolto cantando. Sui primi gradini della scalinata un mosaico multicolore ricordava il motto del cinquantenario della canonizzazione di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni: «Sarete miei testimoni». E proprio dalla memoria di quella testimonianza - dopo i saluti del vescovo, John Baptist Kaggwa, incaricato della vita religiosa, e tre testimonianze - è iniziata la riflessione di Francesco, che ha parlato a braccio in spagnolo, lasciando all'arcivescovo il discorso preparato. Tre le parole-chiave: memoria, fedeltà e preghiera. Quest'ultima è la risorsa attraverso la quale poter trasformare il negativo in positivo, la leva con cui smuovere le coscienze per non rassegnarci alle ingiustizie del mondo.
E con questo incontro in cattedrale si è di fatto conclusa la visita del Papa in Uganda. La mattina successiva, domenica 29, sotto una pioggia battente, il Pontefice ha infatti lasciato la nunziatura di Kampala per recarsi allo scalo di Entebbe. Qui, si è svolta una semplice cerimonia di congedo, presente il presidente Museveni con altre autorità. Al termine Francesco è salito a bordo dell'aereo che, decollato alle 9.55 locali, lo ha portato nella Repubblica Centrafricana, ultima attesissima tappa del viaggio.


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