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2 Juli 2013

Donne riscatto dell'Africa

La «mamma coraggio» nera ha un sogno per tutte le madri

 
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Com` era per la lebbra un tempo. I lebbrosi indicati a dito per essere tenuti fuori la porta della società. Morire in due modi: per il male e il disprezzo. Qual è il peggiore? A Mtengo Wa Ntengha, in Malawi, è ancora così per chi è sieropositivo o malato di Aids. Anche Pacem Kawonga, una giovane madre coraggio dalla pelle scura, ha temuto più del virus il disprezzo della gente. E - lo dice subito - affetta da Hiv, come la piccola Melinda, sua figlia, tutta felice nel suo vestito di svolazzi rosa confetto. Melinda è sulla copertina del libro scritto dalla madre, «Un domani per i miei bambini» edito da Piemme, per portare una doppia testimonianza alle donne del Malawi.
Dice che la malattia può essere tenuta a freno e che la guarigione è anche una tappa del riscatto sociale. Nella sua città, Pacem Kawonga si rivolse ai volontari del progetto «Dream» della Comunità di Sant`Egidio che in dieci Paesi africani nasce con l`intento di porre un margine al dilagare della malattia e di prevenire la diffusione al momento del parto. Pacem Kawonga, che oggi riceve il premio «Colomba d`oro per la pace», si è fatta a sua volta volontaria del progetto e dona alle altre donne pezzi generosi del suo immenso coraggio.

Cosa ha provato quando ha scoperto di essere sieropositiva?
«Da tempo pensavo di fare un test perché l`Aids è molto diffuso in Malawi.
Allo stesso tempo pensavo alla discriminazione, allo stigma che sarebbe seguito, se fossi risultata positiva.
Questa è la paura di tutte le donne.
Ero molto spaventata. Ma dovevo pensare ai miei figli. Se non avessi fatto il test non avrebbero avuto nessun futuro. È stato necessario molto coraggio, anche perché mio marito non voleva che lo facessi. L`ho potuto fare quando lui è andato in un`altra zona del Paese per lavorare.
Quando mi dissero che ero positiva pensai che la mia vita fosse finita. Volevo che Dio con un miracolo cambiasse quel terribile referto. Ma non era possibile. Dovevo accettarlo».

Perché suo marito non voleva chesi sottoponesse al test?
«Mio marito, come tanti uomini del Malawi, non vogliono che la gente sappia. Non vogliono far sapere di questa malattia che è considerata vergognosa. Se hai l`Aids sei agli occhi del mondo una persona socialmente inutile, da bandire».

Bloccare il regredire del male è stato il suo primo obiettivo, ma poi ha pensato anche al riscatto sociale, suo e delle altre donne.
«Quando sei positiva al virus capisci che cos`è il mondo. Quando non avevo l`Hiv non sapevo quanto profonda potesse essere la vita. Aver scoperto dentro di me il virus mi ha fatto comprendere una vita oltre la vita che avevo prima. Non sono impegnata soltanto sul fronte dell`Aids, ma sono considerata in Malawi la voce delle donne discriminate per altri virus sociali che comportano l`emarginazione.
L`Aids, in un certo senso, ha veicolato anche la coscienza di diritti che alle donne sono negati».

Lei dice che di Aids non si muore necessariamente, ma sostiene anche che è possibile il riscatto sociale. Perché questa scelta di farsi testimone?
«È un mio desiderio profondo. Ho avuto tanto e tutte le donne devono ricevere quello che ho ricevuto. Nel libro l`ho spiegato: ho pianto, ho riso, mi sono arrabbiata, sono caduta, mi sono rimessa in piedi e ho guardato il mondo con occhi nuovi. Ora voglio trasmettere la speranza che ho ricevuto».

In cosa consiste il suo lavoro quotidiano in «Dream»?
«Essere attivista significa innanzitutto impegnarsi, fare qualcosa che viene dal tuo cuore. Lavorare per gli altri su diversi fronti. Innanzitutto contro la discriminazione. Io ci sono passata. Sono Hiv positiva e lo è mia figlia. Dopo essere passata attraverso la gogna della discriminazione, adesso aiutare gli altri è un desiderio che parte dal mio cuore».

Ha avuto minacce o ostacoli in questa sua attività?
«Ci sono state, ma quando sai cosa stai facendo e ne sei orgogliosa, le minacce non pesano e non contano. Quando ti rendi conto di quello che ti è stato dato, qualsiasi ostacolo sai che puoi superarlo».

Un Malawi senza questa terribile malattia e senza discriminazioni sociali: è questo il domani che si augura per i suoi bambini. È un sogno possibile?
«Il sogno è possibile. Se guardo da dove provengo, dico che il sogno si sta già realizzando. All`inizio tutti ci dicevano ad esempio che l`Aids non si poteva curare, però adesso si sta curando e io sono una testimonianza vivente di questa possibilità. Sto vivendo con l`Aids da dieci anni... Il futuro c`è e lo vedo anche luminoso».


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