«Ho cominciato diciotto anni fa, perché sentivo il bisogno di fare qualcosa per chi ha di meno. Perché pensavo, e lo penso tutt'ora, che se la nostra città fosse un po' più a misura dei deboli sarebbe migliore anche per tutti gli altri».
Annalisa Schiavon oggi ha quarant'anni. Metà della sua vita l'ha passata a fianco degli umili e tra la gente di strada. La Comunità di Sant'Egidio organizza pranzi per i poveri, collette alimentari, unità di strada e in stazione. E Annalisa c'è sempre: i turni in stazione sono tre sere a settimana: la incontriamo un sabato, mentre chiacchiera con qualcuno e distribuisce panini. A cercare aiuto non sono solo clochard: «Ci sono anche persone che magari un tetto ce l'hanno» spiega Annalisa «ma versano in condizioni di povertà estrema. Ci sono tanti stranieri, ma anche gli italiani sono sempre di più, perché quando si perde il lavoro, se la casa non è di proprietà, finire per strada è un attimo».
La sera le temperature scendono, le strade ghiacciano, le luci si spengono. Ma l'allegria, quella non manca mai. «A volte cantiamo» racconta Annalisa «qualcuno si mette a suonare, e all'improvviso un incontroabituale diventa una festa. Al di là del piccolo aiuto che riusciamo a portare, queste persone chiedono soprattutto rispetto e amicizia. Qualcuno che ti chiami per nome, che ti chieda come stai. E se non ti vede per un po' ti cerca, si preoccupa. Stando con loro» continua la volontaria «ho imparato ad avere una famiglia più larga. Queste persone, che spesso non hanno nulla, restituiscono infinito affetto: lentamente ci si affeziona l'uno all'altro. Quasi tutti vengono anche ai pranzi di Natale, che nel tempo si sono moltiplicati. E non solo per necessità economica, anche per la voglia di stare insieme. All'inizio, spesso, sono diffidenti. Poi iniziano a raccontare le loro storie, a renderci partecipi della loro vita. E la consapevolezza di aver convinto qualcuno a fidarsi, a sciogliere le riserve dà tantissima gioia.
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