È di pochi giorni fa la notizia che uno dei partiti membri del governo ungherese ha iniziato una raccolta di firme contro gli accordi europei che prevedono il sistema delle quote dei rifugiati da ricollocare nei diversi Stati della UE. In un appello diffuso su facebook, le Comunità di Sant’Egidio dell’Ungheria esprimono preoccupazione per il clima diffuso di inaccoglienza e invitano a investire nell’integrazione e nella solidarietà: “Promuovendo varie iniziative di accoglienza e di aiuto - a Budapest, Bicske, Pécs, Beremend, Hegyeshalom - abbiamo sperimentato che i profughi non sono un pericolo. Accogliere chi fugge dalla violenza della guerra e del terrorismo non è solo un gesto di umanità e misericordia, ma esprime anche intelligenza e lungimiranza, perché la chiusura delle frontiere non ci renderà più sicuri. Come segno della nostra solidarietà, abbiamo cominciato a raccogliere scarpe, così necessarie a chi deve proseguire il viaggio a piedi in mezzo al fango. Il 6 dicembre, festa di san Nicola, le porteremo ai profughi che attendono il passaggio in Ungheria alla frontiera con la Croazia e la Slovenia”.
A questo appello rispondono in tanti e si moltiplicano in diverse città ungheresi le iniziative, anche piccole, che aprono dei varchi in un clima reso più cupo dagli attentati a Parigi. Lo scorso 20 novembre alcuni giovani per la pace di Budapest hanno visitato il centro per minori non accompagnati a Fót, portando dolci e the, giocando insieme a calcio e facendo semplicemente amicizia. Il 22 novembre un gruppo di rifugiati, ospiti del centro di Bicske, sono andati a Budapest per una gita in battello sul Danubio con gli amici di Sant’Egidio: finalmente così hanno potuto ammirare le bellezze della capitale ungherese. La giornata si è conclusa con una preghiera in memoria delle vittime dei viaggi verso l’Europa, presieduta dal vescovo ausiliare di Budapest, mons. János Székely, alla presenza del vescovo luterano, Támas Fabiny, vicepresidente della Federazione mondiale luterana.
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