L’inizio dell’ “Anno Europeo del Volontariato”, nel suo decennale, cade in un tempo particolare, per il nostro paese e per l’Europa, per il mondo. Dieci anni fa l’attacco delle Torri Gemelle e l’inizio di un decennio, a saldo nettamente negativo, che ha investito nella guerra come soluzione dei conflitti. E cade in un tempo di crisi di credibilità morale della finanza internazionale e dei mercati, di crisi sociale ed economico, in un clima culturale, anche nel nostro paese, in cui tutto si vende e tutto si compra.
Sono contento e onorato di intervenire oggi qui, in questo luogo fondante della democrazia e della storia d’Italia, nel 150mo anniversario della nostra unità nazionale a nome della Comunità di Sant’Egidio, per dare alcuni tratti di una “storia italiana” che può aiutare anche a livello mondiale,in tempi complessi come i nostri.
Anticipo una riflessione semplice, diretta. La Comunità di Sant’Egidio, e il volontariato, è il contrario di un’idea e una pratica di scontro, di diffidenza verso l’altro fino alla violenza, al terrorismo e alla guerra, il contrario del tutto si può vendere e si può comprare. E’ un antidoto a una società fatta a isole, compound, senza coesione sociale e valori comuni, in cui chi arriva per ultimo, come ad esempio gli immigrati o chi è più debole socialmente è avvertito come una minaccia, anziani, malati, disabili, zingari, in cerca di lavoro, giovani più del sud che del Nord, famiglie numerose, l’Altro, in tutte le sue facce.
I nostri sono anni in cui il volontariato è lodato mentre è messo ai margini da una vulgata in cui occorre sempre “scusarsi” se si ricorda che mille immigrati in più, da un anno all’altro, sono spariti nel Mediterraneo a causa delle restrizioni che rendono più difficili i tragitti e più ricattabili profughi, rifugiati, aspiranti asilo e famiglie in cerca di speranza, e si dice che non possiamo scendere sotto una soglia minima di umanità, pena lo svuotamento della nostra democrazia e l’imbarbarimento della nostra anima “italiana”. Ci si deve scusare e dire: “non è per buonismo”, perché si è affermata l’idea che il volontariato è degli ingenui e la vita vera, degli altri, magari un po’ “cattivisti”. C’è una predicazione del disprezzo dell’altro, molto popolare, che inizia dalle classi dirigenti e si fa discorso da bar e da mercato, indulgenza verso tutte le intolleranze, che è iniziata con la presa in giro dell’incenso del buonismo. E del volontariato.
Ma il volontariato è un grande antidoto per una società, come la nostra, depressa, stordita, e che ha paura del futuro. Il volontariato è gratuità. Vorrei semplicemente fare l’elogio della gratuità. Non tutto si compra non tutto si vende e non tutto ha valore per il suo valore economico. A volte nel volontariato maturano professionalità, un’antropologia che si fa anche piccola o media capacità imprenditoriale. Ma non è questo il caso della Comunità di Sant’Egidio, che è poco “terzo settore”. C’è per noi un valore imprescindibile che è quello della gratuità. E più è fuori moda e più ce n’è bisogno. Nasce per noi dalla commozione di Gesù per tutte le vittime e chi è ai margini. Passione, com-passione. Nasce dalla realtà, non solo dall’idea, di fare una famiglia in cui i poveri sono amici e fratelli, inclusi. Come ricordava da studioso il teologo Joseph Ratzinger, commentando il vangelo di Matteo al capitolo 25, il Giudizio finale. E ricordava come per “i più piccoli”, i malati, i prigionieri, gli assetati, per i poveri, Gesù usa la stessa parola, “fratelli” che viene usata nel nuovo Testamento solo per i discepoli e la comunità cristiana. Perché i poveri, diceva, fanno parte integrante della Comunità, “indipendentemente dalle loro qualità morali”.
Un altro modo per esemplificare questo è come la tradizione orientale raffigura il Buon samaritano, Gesù, che si prende cura dell’uomo mezzo morto ignorato dai sacerdoti e lasciato ai margini della strada dai banditi, ha lo stesso volto della persona che è soccorsa. E’ questa la radice della Comunità di Sant’Egidio, della sua amicizia con i poveri, la sua scelta per la gratuità, la scelta per costruire una società che, se è a misura dei poveri, anziani non autosufficienti, deboli socialmente, immigrati, malati, è a misura di tutti.
Questo non è ingenuità da anime belle. Tutti noi abbiamo negli occhi l’immagine del pranzo di natale nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. La famiglia dei senza famiglia. Quelli considerati minacce sociali, serviti a tavola, ognuno con un nome, una dignità. E è diventato contagioso: sono oggi 130 mila persone che a Natale vivono così il Natale e a migliaia sono le persone che portano i figli a vedere, come il presepe di Greccio, perché imparino la gratuità, respirino aria pulita, che non si vive solo per sé stessi.
Non è ingenuità. E’ amicizia, laica, senza confini. Dall’amicizia con una singola persona, ma senza metter limiti, è nata l’intelligenza strategica e diplomatica che ha messo fine alla guerra in Mozambico, per opera della Comunità di Sant’Egidio, un milione di morti, 18 anni fa. E da allora la pace aiutata a esistere in Burundi, dopo il genocidio hutu-tutsi, gli accordi preventivi che stanno dando una speranza alla democrazia in Guinea Conakry e Niger, due dei paesi più poveri e difficili del mondo, o il programma BRAVO!” che ha già registrato più di tre milioni di bambini ed adulti invisibili in Burkina Faso, svuotando una delle cause del traffico umano, della prostituzione minorile, del traffico di organi, degli scontri etnici e dell’impossibilità della democrazia se a milioni sono esclusi. O il programma DREAM, che in 10 paesi africani, gratuitamente, offre un’assistenza globale e la terapia a 100 mila persone, che vivono e vivono bene con l’AIDS, e coinvolge un milione di africani, con le loro famiglie, centinaia di migliaia di bambini e giovani che hanno una possibilità di vita e di uscita dall’afro-pessimismo. Cose da ingenui, buoniste? Questo aiuta a svuotare l’odio, a re-imparare l’arte del convivere, anche nel nostro paese. E’ possibile costruire un programma di accompagnamento di tutti gli anziani ultrasettantacinquenni, anche non autosufficienti, vincendo la paura, l’isolamento nelle grandi città, mettendo in rete i servizi esistenti e creando una rete di prossimità che riduce anche lo sfilacciamento e l’isolamento che è la grande malattia che comincia a lambire anche le città italiane. Viva gli Anziani!, si chiama, la prima regione italiana che lo attuasse massivamente vedrebbe ridursi i ricoveri in ospedale, la loro durata, il ricorso ai pronto soccorso, i ricoveri ripetuti, diventando un modello europeo e con costi, finalmente, compatibili e non fuori controllo. E’ a disposizione, solo che si voglia.
Mi auguro che questo sia l’anno in cui in tanti possono scoprire come da questa gratuità può essere riaperto uno scenario di felicità personale, e di qualità della vita per tutti, non legato solo ai soldi. Un modello di società che re-mpara l’arte del convivere e del dialogo, anche con umanità dolenti, e che , se cominciamo noi, qui, può fare dell’Italia, di nuovo, quel luogo amato nel mondo anche per la dolcezza della vita. Alla fine conviene, mi viene quasi da sorridere a dirlo, anche economicamente.
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