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Il 38° Anniversario della Comunità di Sant'Egidio - Omelia di mons. Josef Clemens


 
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Omelia di mons. Josef Clemens
Liturgia eucaristica di ringraziamento per l’anniversario della Comunità di Sant'Egidio
Duomo di Würzburg – 19 febbraio 2006

"Portare gli uomini da Gesù"

Cari fratelli nel ministero presbiterale,
cari amici della comunità di Sant’Egidio,
care sorelle, cari fratelli!

1. Possiamo interpretare e meditare il Vangelo di oggi sulla guarigione del paralitico a Cafarnao (Mc 2,1-12) da diversi punti di vista. Ma sempre dobbiamo mettere Gesù al centro della riflessione; egli ha la forza ed il potere di perdonare i peccati e di guarire le malattie. Il tema centrale della nostra pericope è questa autorità di Gesù che comprende la realtà celeste (perdono dei peccati) e quella terrena (guarigione dei malati). Per questo si tratta di un insegnamento cristologico sull’autorità totale di Gesù. Al centro della controversia con gli scribi c’è la questione del perdono dei peccati e più precisamente il dibattito circa la competenza in tema di perdono dei peccati che secondo la comprensione giudaica era riservata solamente a Dio (cfr. Dtn 6,4).

Un approccio possibile a questo punto centrale del Vangelo di oggi potrebbero essere il gran numero di persone che proprio a Cafarnao, nella città della grande incredulità, vuole ascoltare „la parola“ di Gesù (cfr. Mt 11,23; Lc 10,15). O possiamo chiederci quali siano le ragioni degli scribi che sono critici o addirittura ostili nei suoi confronti. Un’altra strada si concentra sui quattro uomini che portano il paralitico da Gesù. Questi soccorritori dovranno guidare oggi la nostra riflessione.

Il fatto che vengano menzionati questi quattro, in Luca si parla di „alcuni“ uomini (Lc 5,18), rende particolarmente simpatica l’odierna narrazione rispetto agli altri racconti di guarigione. Pensando alle case con i tetti piatti in Oriente possiamo immaginarci molto bene come abbiano calato il paralitico sul suo lettuccio.

All’inizio ci può aiutare un mosaico dei primi secoli cristiani (quinto/sesto secolo), unico nel suo genere, che si trova nella basilica di Sant’Appolinare a Ravenna. Lo scrittore francese di libri spirituali, André Frossard, parla in modo molto acuto del „Vangelo secondo Ravenna“. È la prima volta che viene rappresentato il brano; nel mosaico si vedono due uomini sul tetto di una casa con le mura sottili vestiti con delle tuniche romane lunghe fino alle ginocchia. Essi stanno chinati in avanti e calano il paralitico sul suo lettuccio con attenzione e cautela tramite quattro corde dal tetto all’interno della casa. Il paralitico già ha visto Gesù e sembra alzarsi un po’, piegare le gambe stendendo le sue mani verso di lui chiedendo aiuto. Nonostante la sua paralisi c’è in lui un forte movimento interiore che è visibile anche esteriormente. È venuto il momento della sua vita nel quale ha riposto tutta la sua speranza.

L’immagine è divisa al centro: a sinistra si vede Gesù giovane, calmo e sovrano che gli viene incontro vestito con una tunica color porpora con ornamenti d’oro a forma di strisce e con i sandali. La mano sinistra rimane nascosta sotto il vestito, e la mano destra è alzata per la benedizione. L’indice ed il dito medio formano un chi (X) e le altre tre dita un rho (P), abbreviazione per Cristo, l’unto con lo spirito santo.

Questo gesto forte già indica che tutto avrà un lieto fine. Gesù riconosce la disposizione interiore del paralitico, cioè la sua fede in lui, e gli impartisce la sua benedizione di perdono e di guarigione. La sua testa è ornata da un’aureola con la croce. I quattro uomini guardano Gesù pieni di speranza e Gesù a sua volta prende atto della loro azione straordinaria con benevolenza. Cristo è accompagnato da un „apostolo“ vestito con una tunica bianca che lo indica. Questo accompagnatore viene spiegato anche come personificazione della Chiesa. È un idea che porta alla prima enciclica di papa Benedetto XVI nella quale si definisce l’azione caritativa come un tratto essenziale della Chiesa (Deus caritas est, nr. 25). Fin dall’inizio la „Chiesa“ accompagna il Signore nella sua azione di carità e impara da lui ad agire.

I quattro portatori sembrano essere amici del malato che non risparmiano alcuno sforzo per aiutare il loro fratello. Un esegeta vede in questi quattro portatori i primi quattro discepoli, i fratelli Simone ed Andrea, Giacomo e Giovanni (cfr. Mc 1,16-19); questa teoria non ha trovato appoggio nell’esegesi. In ogni modo si tratta di persone dotate di fantasia e con un senso pratico della realtà. Questi quattro uomini non si lasciano scoraggiare dalla folla davanti alla porta della casa. Sanno che il paralitico non si libera dalla sua situazione senza di loro, ha bisogno di aiuto per incontrare Gesù che solo può aiutarlo. La loro azione si svolge sulla base di questa convinzione, perché solo in tal modo si spiega la loro fatica. Nel brano parallelo Luca riassume le loro intenzioni dicendo: „Cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui“ (Lc 5,18).

Il nostro brano descrive con diversi verbi in modo esplicito le loro fatiche: si „recarono“ da lui, „portano“ per due volte, „scoperchiarono“, „fanno un’apertura“, „calano“. Già quest’ampia descrizione indica una situazione piena di difficoltà che richiede idee e artifizi diversi. Allora scelgono il modo più strano per entrare scoperchiando una parte del tetto. I quattro soccorritori devono compiere la loro opera in modo concentrato e concertato, perché altrimenti il paralitico ne avrà un danno maggiore.

Questa fatica testimonia la loro fede in Gesù, insieme al paralitico sperano totalmente in lui, e si fidano della sua unica “exousia”! A questo corrisponde l’atteggiamento di Gesù: vede la loro fede, cioè vede la fede del paralitico, ma anche la fede dei portatori! Questa fede „al plurale“ viene sottolineata da tutti e tre i Vangeli sinottici (cfr. Mt 9,2; Lc 5,20). Per il fatto che la loro fede precede il miracolo possiamo supporre che si tratti non solamente di una „fede“ in senso magico, ma che credevano nella presenza e nella potenza di Dio in Gesù.

Nella fede di Israele Jahve era il „medico“ (cfr. Es 15,26; Gi 5,18) del suo popolo dal quale veniva ogni guarigione. Dice il Salmo 41,4 che contiene riferimenti al nostro brano: „Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore; gli darai sollievo nella sua malattia“. Inoltre il versetto seguente fa riferimento al perdono della colpa: „Io ho detto: ‚Pietà di me, Signore; risanami, contro di te ho peccato“. Già nell’alleanza antica il malato cercava la guarigione da Jahve attraverso il riconoscimento della colpa ed il pentimento, la preghiera ed il digiuno (cfr. 2 Sam 12,13; Sal 32,1-5; Sir 38,20).

Inizialmente i quattro portatori vogliono aiutare il loro amico, perché trovi guarigione. Allo stesso modo attraverso il loro aiuto rendono possibile un incontro molto profondo con Gesù come il messia di Dio che trasforma completamente la sua vita. Contribuiscono alla guarigione completa, nel profondo. La loro azione di carità è la base di un’incontro con lui che scende in una profondità inaspettata, nel centro della persona del paralitico.

Care sorelle, cari fratelli,
cari amici della comunità di Sant’Egidio!

2. Dopo aver conosciuto la vostra comunità a Roma più di trent’anni fa, all’inizio attraverso alcune visite (p.e. con il mio arcivescovo di allora, Degenhardt, a gennaio del 1981), oggi ci sono tanti contatti e siamo buoni vicini di casa; allora vorrei dire che scopro nei quattro portatori di Cafarnao in un certo modo dei „precursori“ della vostra comunità per quanto riguarda la fantasia, il modo di lavorare e le intenzioni.

Non è forse la vostra intenzione principale quella di portare gli uomini e soprattutto i sofferenti da Cristo senza tuttavia disinteressarsi del loro bisogno concreto? O detto in modo diverso: Voi aiutate i sofferenti nei diversi ambienti ed attraverso questo li mettete in contatto con la comunità di coloro che credono in Cristo, e quindi li portate da Cristo stesso. Attraverso il vostro agire date testimonianza dello spirito di Gesù che continua la sua opera coinvolgendo altri. Con questo preparate una strada interiore al Signore stesso, perché in ogni opera disinteressata e vera è contenuta una forza interiore di evangelizzazione che apre la strada a Cristo.

Attraverso il vostro aiuto per il prossimo unite in una sintesi la seconda „opera“ („la comunicazione del Vangelo“) e la terza „opera“ („l’amicizia con i poveri“) della vostra spiritualità. La comunicazione della buona novella avviene nell’amicizia con i sofferenti, e viceversa la vicinanza a loro prepara la strada ad essa. I due aspetti non sono stati progettati in modo artificiale in un laboratorio e non sono motivati da interessi: tutto avviene a causa del bisogno di dare aiuto considerato come “naturale” e “scontato” (“amour désintéressé”) e come conseguenza irrinunciabile della fede.

Questo atteggiamento di una disponibilità “naturale” all’aiuto porta ad una gioia vera e profonda nei soccorritori e sfocia nella lode a Dio che voi compiete come prima “opera” ogni giorno nella vostra comunità. Con quale gioia questi portatori avranno visto il paralitico alzarsi prendere il suo lettuccio e andare a casa? Sicuramente hanno partecipato alla gioia del guarito con una gioia disinteressata e pura! Il paralitico si è potuto alzare dal profondo del suo peccato e dal suo lettuccio a causa del loro aiuto e dell’autorità di Gesù che è stata decisiva. Nel Vangelo di oggi si legge: “Tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: ‘Non abbiamo mai visto nulla di simile!’” (Mc 2,12).

Nel suo libro “Dio non ha paura” Andrea Riccardi si augura che le nostre comunità diventino la “casa di Cafarnao” alla quale tutti gli uomini accorrono per trovare redenzione e salvezza. In questo senso la chiesa di Santa Maria in Trastevere ed il centro di Sant’Egidio a Roma ed in tanti altri luoghi del mondo sono diventati la “casa di Cafarnao”.

L’esegesi bizantina scopre nell’azione dei quattro portatori un altro aspetto. Non portano solamente il paralitico, ma scoperchiano anche il tetto. Si legge in un autore del 12mo secolo: “Come posso arrivare da Cristo, se non viene scoperchiato il tetto? Il “tetto” infatti è lo spirito dell’uomo che sta sopra tutte le cose che sono in noi. Questo “tetto” contiene tanta terra, le pareti sono di argilla, voglio dire: lo spirito porta tante cose terrene con sé. Se questa forza dell’anima viene “portata in alto”, lo spirito o la forza di comprensione sono liberati dai pesi. Dopo il malato viene calato “in basso”, cioè diventa umile. Perché non è opportuno in nessun modo che lo spirito si esalti a causa della sua liberazione, invece deve diventare umile”.

Di questo “scoperchiare”, di questa purificazione e liberazione del nostro spirito, di quest’umiltà e “dello stare per terra” abbiamo tutti bisogno per compiere il nostro servizio al prossimo ed al Vangelo in modo disinteressato e con anima pura.

Allora preghiamo il Signore perché possiamo diventare tali portatori del nostro prossimo sofferente. Preghiamo anche, perché ci mandi dei “portatori” che aiutino anche noi a preparare sempre ad altri la strada a Cristo con animo puro. Ringraziamo sempre colui che ha portato tutte le colpe ed i peccati degli uomini su di sé e sulla croce.

I quattro portatori di Cafarnao ci siano di stimolo per scoprire il bisogno dei sofferenti, per rispondere prontamente e con fantasia, perché insieme a loro possiamo ascoltare la sua “parola” nella casa di Cafarnao, il suo perdono e la sua salvezza larga, perché possiamo ringraziare Dio con tutto il cuore, pieni di gioia interiore per le sue meraviglie, e lodarlo! Amen.

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