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Dankgottesdienst zum 50. Jahrestag der Gemeinschaft Sant’Egidio

10. Februar um 17.30 Uhr in der Lateranbasilika des Hl. Johannes

Die ersten Personen sind 2018 durch die humanitären Korridore in Italien angekommen. Die neue Phase des Projektes, das zum Modell der Gastfreundschaft und Integration für Europa geworden ist


 
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9 September 2012 17:00 | Skenderjia, Main Hall

Crisi e speranza nel mondo della globalizzazione



Mario Monti


Ministerpräsident, Italien

Sono molto onorato di essere oggi qui a Sarajevo per questo Incontro dal titolo assai significativo "Vivere insieme è il futuro". Un titolo che richiama fortemente lo "Spirito di Assisi", il convergere di uomini e donne di fedi e culture diverse alla ricerca della pace e del vivere insieme.

Assisi, grazie all'iniziativa voluta, come ha ricordato Andrea Riccardi, da Giovanni Paolo II, fu per un giorno nell'ottobre 1986, la capitale mondiale della pace. Ricordiamo tutti quella giornata con piacere, soddisfazione ed emozione, perché fu una vera e propria intuizione profetica che ha dato importanti frutti. Credo sia molto importante riandare a momenti che lasciano il segno nella storia del soprassalto dell’ unione rispetto alla disunione come fu quel momento.

Voglio quindi rendere omaggio alla Comunità di Sant’Egidio, questo faro nel mondo che rende l’Italia orgogliosa di esserne sede, al ministro Andrea Riccardi, al Presidente Marco Impagliazzo, per la fedeltà e la tenacia con cui la Comunità ha proseguito questo cammino e tenuto vivo nel tempo questo Spirito.
 Ricordo anche che l'Accordo di pace per il Mozambico, firmato a Roma esattamente venti anni fa, a cui Sant'Egidio ha dato un decisivo contributo, ha mosso i suoi primi passi proprio in uno di questi Incontri di pace.
 
In questi anni abbiamo compreso meglio quanto le religioni siano tornate a essere una realtà importante per la coesione sociale e per la pace del mondo. La crescente globalizzazione ci pone infatti di fronte a scenari e a sfide sempre nuovi, tra le quali vedo ai primi posti la sfida dell'imparare a costruire una società che viva e si alimenti delle diversità che la globalizzazione ci impone, per divenire più unita, più ricca e più solidale.

Nella nostra Europa i Balcani sono da sempre il luogo della mescolanza tra popoli, culture e religioni. Questa regione è sempre stata la faglia dove genti diverse si sono incontrate, con le loro tradizioni, le loro contraddizioni, i loro scontri ma anche la loro voglia di vivere in pace. Qui più che in altri luoghi d'Europa, si gioca la capacità dell'uomo di vivere insieme con il suo simile, anche se appare così diverso da lui. Per questo i Balcani sono luogo e simbolo della sofferenza, della difficoltà e della necessità dell'incontro.

E' per me quindi motivo di grande emozione essere qui, a Sarajevo, cuore dei Balcani, città globalizzata prima della globalizzazione, città ferita, dove il secolo scorso è cominciato e finito. Mai forse come in questa città il titolo dell'incontro - "Vivere insieme è il futuro" - mi sembra giustificato. Qui nei Balcani, come nel resto d'Europa, e negli altri Continenti di questo pianeta, che la globalizzazione rende sempre più piccolo, vivere insieme nella pace esprime una speranza di cui il mondo ha bisogno.

I tempi che stiamo vivendo sono tempi di crisi e non solo economico finanziaria. Si tratta di una crisi più profonda di quanto si possa pensare, che mina le basi di quell'umanesimo attorno al quale è nata e si è sviluppata la costruzione europea.

Esaminiamone infatti, anche solo per grandissime linee, l'evoluzione. Vediamo come, popoli e nazioni che hanno deciso di mettere in comune capacità, risorse  e conoscenze, per fondare una società nella quale fosse impossibile ripetere gli errori tragici del passato, siano arrivati al punto più alto del percorso di integrazione, esprimendo un mercato unico e un'unica moneta, per poi sembrare aver smarrito - mi auguro solo temporaneamente - il senso del loro agire insieme che rappresenta il pinnacolo di una costruzione gotica.

Così l'Euro, che rappresenta un fattore unificante da preservare, ha rischiato di divenire fonte di nuove divisioni, o di nuove linee di frattura, in Europa. Il senso profondo dell'azione che a livello europeo si sta compiendo non è quindi solo quello della ricerca di soluzioni tecnico politiche, ma è prima di tutto quello di uno sforzo teso a recuperare quel comune sentire, basato sui grandi valori positivi della tradizione europea, solidarietà, tolleranza, ricerca del bene comune. Questi valori devono caratterizzare il nostro agire se vogliamo che il nostro continente continui ad essere un pilastro di civiltà.
In questo senso l'Europa potrà vivere la globalizzazione, non solo senza paura, ma anzi come un'opportunità, per tornare ad occupare un posto di primo piano sulla scena mondiale.

Sono questi i valori, ed è questo lo spirito che spesso cerco nelle grandi riunioni internazionali che oggi abbondano. Oggi, qui a Sarajevo, è molto evidente, si vive e si respira. Sono consapevole del significato straordinario che riveste questo Incontro, riuniendo musulmani, cristiani ortodossi, cattolici ed ebrei della Bosnia Erzegovina. Saluto con deferenza Sua Santità il Patriarca Irenej, nonché il Gran Muftì Mustafà Ceric, il Cardinal Vinko Puljic e il Presidente della Comunità Ebraica Finzi.

Nei vostri incontri si sviluppa una vera cultura della globalizzazione positiva, che è poi l'arte del vivere insieme. In questo senso, voi, uomini e donne di religione e di cultura, date a tutti noi speranza.

Come vi diceva Benedetto XVI l'anno scorso, a Monaco di Baviera, "il vivere insieme può trasformarsi in un vivere gli uni contro gli altri, può diventare un inferno, se non impariamo ad accoglierci gli uni gli altri, se ognuno non vuole essere altro che se stesso. Ma aprirsi agli altri, offrirsi agli altri, può essere anche un dono". Queste parole danno a tutti noi la speranza di poter costruire un’ alleanza tra persone di buona volontà anche se di cultura, etnia e tradizione diverse, con l'obiettivo di poter tutti collaborare ad un mondo migliore, in cui la pacifica convivenza non sia un miraggio. E' una costruzione difficile che necessita di tempi lunghi e della volontà di cercare soluzioni a sfide e a questioni complesse. E' un obiettivo che richiede quella pazienza, quella tenacia che molte volte proprio voi, uomini di religione, testimoniate.

Anche l'immagine di questo incontro di oggi, che richiama alla bellezza del vivere insieme, non è frutto di una combinazione o di un attimo di grazia, ma di un lavoro pazientemente costruito negli anni. E' un'immagine che trasmette contenuti importanti, soprattutto per i giovani ai quali dobbiamo dare la speranza, di un mondo migliore. Ed è bene, è necessario riandare nel tempo ai momenti vicini lontani lontanissimi che hanno segnato il prevalere dell’integrazione rispetto alla disgregazione, dell’armonia rispetto al conflitto, della tolleranza rispetto all’intolleranza.

Ringrazio moltissimo ancora una volta di questo invito la Comunità di Sant'Egidio, anche per avermi dato la possibilità di visitare questa bellissima città, capitale di un Paese al quale ci sentiamo molto vicini.

Combattere la crisi non è semplice, lo abbiamo visto in questi mesi. Ne ho fatto esperienza diretta io stesso, in questo periodo di governo della politica nazionale e di impegno nelle sedi europee. La questione non è soltanto quella di mettere a posto i bilanci pubblici, ma di risvegliare nel Paese una voglia di crescere, di ottimismo e di fiducia nel futuro. Credo che sia particolarmente importante che anche nel cercare di risolvere le crisi troviamo formule e modalità che ci uniscano anziché dividerci. Sono un uomo dell'economia, ma posso testimoniare che anche nel campo economico, si sente il bisogno di sconfiggere ogni visione particolaristica e rassegnata, per acquisire una visione comune del futuro.

Grazie

Message of His Holiness Benedict XVI
Benedict XVI

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