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14 Januar 2015

«Lavoro in carcere, si cambia»

Il Guardasigilli: «Dietro le sbarre un pezzo della società». Ma restano aperte le ferite sovraffollamento e sanità

 
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Un anno, il 2015, che vedrà finalmente conclusa la riforma della giustizia. L'annuncio è del Guardasigilli Andrea Orlando che, soddisfatto dei risultati raggiunti finora e fiducioso in quelli che verranno, da Napoli, dove ha partecipato a un convegno sul tema della salute nelle carceri, ha ricordato che l'altro ieri «il presidente della Repubblica ha firmato gli ultimi due disegni di legge. Ne resta uno, quello sul processo civile, dopo di che saranno stati incardinati tutti». Il ministro si è anche detto certo che il Parlamento «licenzierà già ai primi di febbraio la riforma della responsabilità civile dei magistrati».
Il 2015, nei desiderata di Orlando, sarà anche il tempo per avviare «il ripensamento complessivo di esecuzione della pena» ossia della struttura carceraria e su questo tema saranno convocati gli Stati generali per raccogliere proposte e opinioni da vari soggetti, dall'intellettuale al volontario. E anche per dare un messaggio chiaro: «Il carcere - ha precisato - non è il luogo dove si esorcizzano le paure della società, va invece inteso come pezzo della società, per questo occorre costruire un fronte comune per cominciare una battaglia culturale nella società».
Un primo tassello pare già pronto con il progetto lavorativo destinato ai detenuti, e non solo, che sarà presentato in occasione della prossima visita di Papa Francesco a Napoli, il 21 marzo.
L'iniziativa in preparazione al ministero della Giustizia, cui ha fatto cenno il ministro Orlando durante l'incontro in Curia con l'arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, subito dopo aver lasciato il convegno, sarà finanziata con i fondi ministeriali della Cassa ammende e fa parte del nuovo corso che il governo intende dare al sistema carcerario, tra cui rientrano il reinserimento sociale a pena conclusa e soprattutto, punto focale, le pene alternative alla detenzione. Anche se finora il rovescio della medaglia è la chiusura da domani degli appalti alle mense a 10 coop sociali in altrettanti penitenziari.
Segnale di ritrovata attenzione è stato proprio il convegno di ieri nel carcere di Poggioreale, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio e dal Provveditorato dell'Amministrazione penitenziaria della Campania sulla riforma carceraria avviata dal decreto del 1° aprile 2008, che segna il passaggio di competenza dalla sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. Ne è risultato un quadro tra luci e ombre: alla riforma si sono allineate tutte le regioni italiane, tranne la Sicilia, ma ancora molti sono i problemi irrisolti, dai figli in carcere alla mancanza dei dati sulle tossicodipendenze in riferimento anche alle possibilità d'ingresso in comunità, alla scarsa percezione del problema sulle condizioni sanitarie in carcere, alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari il 31 marzo e alle ancora incerte alternative. Il processo sanitario dietro le sbarre va messo a sistema: ritardi, risorse carenti, locali inidonei, tecnologia obsoleta rallentano il percorso.
I detenuti presenti nei 202 istituti di pena italiani sono 53.623 contro gli oltre 64mila di un anno fa, ma la diminuzione del numero - sebbene siano cresciuti i servizi sanitari, in particolare quelli di prevenzione, e siano stati aperti nuovi reparti dedicati - non ha risolto il problema primario. Il carcere resta un luogo che produce depressione e disagio psichico. Anche per questo è in corso il procedimento per violazione dei diritti umani contro l'Italia presso la Corte europea di Strasburgo.


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