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21 April 2015

Il cardinale Vegliò sulla tragedia del Mediterraneo

Siamo tutti responsabili

 
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«Ci lasciamo sconvolgere dai numeri ma dietro ogni migrante che muore in mare, o che arriva stremato sulle nostre coste, c'è un volto, una famiglia, una storia: ci sono madri incinte, minorenni lasciati soli, giovani padri di famiglia. Siamo tutti responsabili di queste tragedie, nessuno sí può permettere di osservare il problema dall'esterno senza lasciarci coinvolgere». Interpellato dall'Osservatore Romano, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, usa parole severe di fronte alla tragedia avvenuta nella notte tra sabato e domenica nel canale di Sicilia. Come cristiani, dice, non si può rimanere indifferenti davanti a tutto questo, «il cristiano è chiamato a essere una voce profetica di denuncia portando alla luce le problematiche più profonde. Deve sempre parlare di giustizia, solidarietà, accoglienza, misericordia e fraterno soccorso».
È univoca la voce delle istituzioni religiose e delle associazioni caritative impegnate da anni nel fronte dell'accoglienza dei migranti. Al dolore per le troppe vite inghiottite dal mare si unisce l'indignazione per quanto si sarebbe potuto fare e non è stato fatto. «L'idea di un'Europa inespugnabile sta barcollando sotto i colpi di un'umanità disperata che, in fuga dai propri Paesi, sta mostrando il volto peggiore degli effetti della globalizzazione», ha detto don Francesco Antonio Soddu, direttore nazionale di Caritas Italiana. «Iniquità, conflitti, ideologie sono i fattori che determinano il costante aumento dei flussi di profughi verso il continente europeo», ha spiegato.
Per monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, «non ci si può fermare a un'operazione Triton che da subito abbiamo considerato e contestato come insufficiente a salvare le persone in mare. Occorre fare uno sforzo unitario in Europa per un'operazione che abbia le stesse caratteristiche di Mare nostrum e non sia quindi un semplice controllo di frontiere, ma diventi veramente un presidio umanitario del Mediterraneo, che possa salvaguardare la vita delle persone». Secondo Perego, accanto «a un'operazione di presidio del Mediterraneo che stabilisca un corridoio umanitario, serve un piano sociale europeo di tutela dei richiedenti asilo, e più risorse».
Se l'Europa non è all'altezza di fermare le inaccettabili stragi del mare, la Comunità di Sant'Egidio auspica un intervento dell'Onu che «deve scendere in campo utilizzando tutti gli strumenti possibili, fino alla convocazione urgente di una riunione del Consiglio di sicurezza». Tre le direzioni in cui agire, secondo la Sant'Egidio, ovvero «arrestare subito le stragi del mare con l'utilizzo di navi militari che permettano l'intercettazione dei barconi e il soccorso dei migranti anche in condizioni di mare grosso; realizzare un sistema europeo per permettere ingressi regolari e controllati, per motivi umanitari, con un costo decisamente inferiore per i profughi e, soprattutto, viaggi che non comportano il rischio della vita; intensificare gli sforzi diplomatici e di mediazione per fermare le guerre che sono in gran parte all'origine del fenomeno migratorio».
Quella avvenuta nel canale di Sicilia, secondo padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli (Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia), è una «pagina nera della storia dell'Unione europea e dell'umanità intera. Si ponga fine immediatamente al massacro creando canali umanitari sicuri e spezzando l'assurdo monopolio dei trafficanti di esseri umani».
In queste ore di grande tristezza, anche l'Azione cattolica italiana si è stretta in preghiera per affidare a Dio «il destino terribile di questi nostri fratelli, le speranze frustrate, l'angoscia delle famiglie. Non ci sono parole - si legge in un comunicato - davanti alla sciagura che ha colpito centinaia di migranti. Ma ormai le parole sono finite da tempo. Questo disastro è solo l'ultimo di un elenco senza fine che non può non suscitare vergogna e indignazione».
Anche le Associazioni cristiane lavoratori italiani (Acli) si sono dette convinte che «con questo naufragio naufraga anche la credibilità europea» se non si riconoscono gli errori sin qui commessi. «Per una nuova tragedia di così vaste proporzioni - afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli - valgono le dure parole pronunciate dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, nella sua visita al Papa, sul dramma dei profughi che tentano di approdare sulle nostre coste. Con quelle vite spezzate "si compromette la dignità della comunità internazionale"».
Preghiere da tutto il mondo per le vittime sono giunte sulla tomba di san Francesco ad Assisi attraverso il sito dei frati del sacro convento che si uniscono a quelle dell'intera comunità religiosa.
Anche la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) ha espresso profondo dolore per l'immane tragedia. In un articolo pubblicato sul sito Mediterranean Hope, Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Fcei ha rilanciato la necessità di istituire canali umanitari: «Se condivisa a livello europeo sarebbe un'operazione assai meno onerosa di Mare nostrum o di Triton; ripartendo i profughi tra vari Paesi europei, i numeri sarebbero sostenibili e gestibili. Si sottrarrebbero così risorse finanziare ai trafficanti». 


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